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Torino: Fetta di Polenta tra storia, architettura e visita consapevole

torino fetta di polenta

Se la celebre Fetta di Polenta di Torino ti ha incuriosito, questa guida firmata Cascina 6B ti accompagnerà a scoprire Casa Scaccabarozzi con passo naturale: dalla sua nascita e dalle scelte costruttive che l’hanno resa unica, a come raggiungerla e quando fotografarla al meglio, con un breve percorso tra le vie di Vanchiglia e risposte ai dubbi più comuni. Troverai anche un suggerimento su dove fermarti a dormire per vivere la zona con il ritmo giusto. L’obiettivo è semplice: trasformare una curiosità architettonica in un’esperienza che resta.

Dove si trova la Fetta di Polenta a Torino

La Fetta di Polenta si trova nel quartiere Vanchiglia, all’angolo fra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo (civico 9). Sei a pochi minuti a piedi da piazza Vittorio Veneto e dal lungo Po: una posizione perfetta per combinare la visita con una passeggiata panoramica o una salita al Monte dei Cappuccini. Per chi arriva con i mezzi, tram e bus su corso San Maurizio fermano a ridosso dell’edificio; in auto il parcheggio su strada è possibile ma spesso molto richiesto. L’ubicazione precisa e l’indirizzo sono riportati anche nelle principali schede ufficiali e divulgative, utili per un rapido controllo.

Perché “Fetta di Polenta”: nome, soprannomi e autore

Il nome “Fetta di Polenta” è un soprannome nato per la planimetria sottile e per il colore giallo ocra del prospetto, che richiama proprio una fetta del piatto tipico. L’edificio, però, ha un nome ufficiale: Casa Scaccabarozzi, dal cognome di Francesca Scaccabarozzi, moglie dell’architetto Alessandro Antonelli (lo stesso della Mole Antonelliana), cui la casa fu intitolata e donata. In passato circolarono anche altri soprannomi, come “Casa luna” e “La spada”, segno di quanto la sua immagine colpisse i torinesi già nell’Ottocento.

Torino e Fetta di Polenta: la sfida di Antonelli nel contesto urbano

Negli anni Quaranta dell’Ottocento, mentre si sviluppava il nuovo sobborgo voluto dai Marchesi di Barolo nell’area di Vanchiglia, Antonelli ottenne come compenso un minuscolo lotto triangolare all’angolo dell’attuale via Giulia di Barolo. Fallito l’acquisto del terreno confinante, trasformò il limite in opportunità: progettò una casa da reddito con un appartamento per piano, recuperando in altezza ciò che non poteva sfruttare in larghezza. Un gesto che è insieme soluzione tecnica, scommessa e manifesto d’ingegno.

Scheda tecnica essenziale: i numeri che la rendono unica

La forza comunicativa della Fetta di Polenta sta anche nei numeri:

  • Altezza circa 24 metri
  • Piani: 9 complessivi, di cui 7 fuori terra
  • Pianta trapezoidale con lati di circa 16 metri (su via Giulia di Barolo), 4,35 metri (su corso San Maurizio) e appena 54 centimetri sul lato opposto: è questo profilo a lama che affascina fotografi e curiosi
  • Cavedio ricavato sul lato più sottile per far passare condotti e servizi, carrucola in sommità, storicamente usata per i traslochi, lieve pendenza del prospetto verso la via per ottimizzare l’impronta a terra

Dati e particolari strutturali sono documentati nelle principali fonti tecniche e storiche dedicate all’edificio. 

Fetta di Polenta: cronologia tra costruzione, restauri e usi

La vicenda della Fetta di Polenta scorre dall’Ottocento a oggi come un’unica, sorprendente continuità. Intorno al 1840 prendono forma i primi piani della casa; seguono sopraelevazioni progressive che, nel 1881, portano all’aggiunta dell’attuale ultimo piano. Nel pieno del fermento cittadino, il piano strada ospita il Caffè del Progresso, ritrovo dei circoli più vivaci di Torino, mentre l’edificio dimostra una tenacia fuori dal comune: il 24 aprile 1852 resiste all’esplosione della polveriera di Borgo Dora, il 23 febbraio 1887 supera indenne il sisma che colpisce Vanchiglia e, durante la Seconda guerra mondiale, sfugge ai bombardamenti che devastano gli isolati vicini.

Nel Novecento avanzato inizia la stagione dei restauri: tra il 1979 e il 1982 Renzo Mongiardino ridisegna gli interni con un intervento di forte sensibilità scenografica; tra il 2007 e il 2008 un nuovo restauro conservativo affina struttura e finiture. Dal 2008 al 2013 la casa si apre all’arte contemporanea ospitando le mostre della Galleria Franco Noero, che trasformano la Fetta di Polenta in una piccola icona espositiva europea. Con lo spostamento della galleria in un’altra sede, dal 2013 l’edificio torna alla sua vocazione residenziale/privata, preservando però intatto il suo valore simbolico e la sua aura di curiosità architettonica.

Cosa aspettarsi oggi dalla Fetta di Polenta a Torino

All’esterno, sì, è sempre possibile visitare la Fetta di Polenta. La Casa Scaccabarozzi è però oggi privata, non è un museo con orari fissi, e gli interni, quando non occupati da installazioni o eventi speciali, non sono visitabili. È possibile, però, ammirarla dall’esterno in qualsiasi momento, rispettando vicinato e quiete. In passato, durante gli anni della Galleria Noero, la casa fu completamente accessibile negli orari delle mostre: questa informazione circola ancora sul web, ma non corrisponde all’attuale stato. Per eventuali aperture straordinarie conviene verificare canali ufficiali o istituzionali prima di pianificare.

Dentro l’invenzione: perché la Fetta di Polenta sta in piedi

La domanda che spesso chi vede questo edificio si fa è “come fa a reggersi?”. La risposta è nell’intelligenza costruttiva: la pianta “a lama” concentra il peso su un’impronta stretta ma ben fondata, le murature in laterizio lavorano in compressione, il cavedio consente di collocare impianti e servizi senza sottrarre rigidezza ai setti principali. La lieve pendenza del prospetto verso strada non è un difetto, ma un accorgimento coerente con la geometria del lotto e con l’assetto statico globale. Questi dettagli sono riportati nelle schede tecniche e negli approfondimenti storici, dove compaiono anche i dati dimensionali citati in apertura.

Piccolo tour di Torino: Fetta di Polenta e quartiere Vanchiglia

Se il tuo obiettivo è visitare Torino, ti proponiamo un piccolo itinerario che prevede anche una breve visita alla Casa Scaccabarozzi, elemento caratteristico e assolutamente imperdibile della città. 

Parti da piazza Vittorio Veneto, attraversa l’arco verso corso San Maurizio e punta la Fetta di Polenta per un primo sguardo dall’angolo con via Giulia di Barolo. Prosegui verso il lungo Po per due isolati: se hai tempo, scendi ai Murazzi e risali verso via Po. In alternativa, incamminati verso via Vanchiglia 9, dove sorge l’abitazione di Antonelli, ovvero l’unico edificio porticato del corso, e confronta il linguaggio architettonico. Se vuoi una curiosità a tema, all’angolo con via Verdi cerca il casino Birago di Vische, soprannominato “Fetta di formaggio” per la pianta trapezoidale meno estrema: è una citazione in scala del tema “case sottili” nel rione.

Torino e Fetta di Polenta tra caffè, lapidi e resistenze

La letteratura torinese è piena di aneddoti su personaggi illustri e serate al Caffè del Progresso. L’eco storica è tale che, vicino all’edificio, esiste ancora oggi un locale con lo stesso nome in memoria dell’antico ritrovo. Sulla facciata campeggia anche una lapide dedicata a Niccolò Tommaseo, ospite nel 1859. Tra Ottocento e Novecento la Fetta di Polenta è diventata un laboratorio di resilienza: non soltanto resiste a esplosione e terremoto, ma attraversa anche il Novecento bellico senza ferite strutturali decisive. La cronologia ufficiale e le voci enciclopediche riportano puntualmente questi passaggi. 

Cosa vedere nei dintorni della Fetta di Polenta: idee vicine, a piedi

Muovendosi tra Vanchiglia e il lungo Po, in meno di un’ora puoi abbinare la Fetta di Polenta a tre tappe iconiche: la Mole Antonelliana con il Museo del Cinema, piazza Vittorio Veneto con i Murazzi e il Monte dei Cappuccini per il belvedere più suggestivo sulla città. Questa triade concentra architettura, vedute e vita urbana: il modo migliore per leggere il dialogo tra l’ingegno ottocentesco e la Torino contemporanea. 

Se vuoi goderti tutto con un ritmo più lento, valuta di appoggiarti a una base comoda appena fuori città come Cascina 6B nel Canavese: un rifugio tranquillo ben collegato, da cui raggiungere Torino in pochi minuti e rientrare la sera nella quiete.

Domande frequenti su Torino e sulla Fetta di Polenta

Dove si trova esattamente la Fetta di Polenta?
All’angolo tra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo 9, nel quartiere Vanchiglia. 

Perché si chiama Fetta di Polenta?
Per la pianta sottilissima e il colore giallo ocra del prospetto, che ricordano una fetta del celebre piatto. Il nome ufficiale è Casa Scaccabarozzi.

Chi è l’architetto?
Alessandro Antonelli, il progettista della Mole Antonelliana.

Quali sono le dimensioni record?
Altezza ~24 m, lati della base ~16 m e 4,35 m, lato opposto 54 cm. 9 piani (7 fuori terra). 

Si visitano gli interni?
Oggi no su base regolare: l’edificio è privato. L’esterno è però sempre visibile; in passato (2008–2013) ospitò mostre della Galleria Franco Noero.

Perché è famosa anche nella storia cittadina?
Per il Caffè del Progresso al piano terra nell’Ottocento e per la resistenza a eventi estremi come l’esplosione del 1852 e il sisma del 1887.

C’è qualche “parente” simile a Torino?
Sì, il casino Birago di Vische (detto anche “Fetta di formaggio”) a due isolati di distanza, con pianta trapezoidale meno estrema.

Una lama gialla nel cuore di Torino

La Fetta di Polenta è più di un fotogenico “palazzo strano”: è l’istantanea di una Torino che osa, capace di piegare i vincoli del lotto con intelligenza e stile. In un paio di metri quadrati di punta si concentra una lezione di architettura: audacia progettuale, economia dello spazio, dialogo con la città. Passarci davanti significa guardare con occhi nuovi ogni interstizio urbano, domandandosi quanta creatività possa nascere dal limite. Ecco perché, tra un tramonto sui Murazzi e un caffè in piazza Vittorio, val la pena di ritagliarsi un momento per questa sottile meraviglia.

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